Come in un racconto di De Amicis


C'è un sostrato di sentimenti autentici nel racconto della vita di Michele Marcello, "primo" geometra di Maierato, scomparso un anno fa alla straordinaria età di 105 anni - le esequie sono state curate dall'impresa onoranze funebri Filippo Polistena - durante i quali ha attraversato le vicende del '900 agendo sempre all'insegna di una profonda adesione al senso del dovere e all'etica professionale. Conosciuto per queste doti, apprezzato e stimato da tutti, lucido ed equilibrato fino all'ultimo, ha lasciato un esempio d'integrità morale, di amicizia, di autorevolezza e di volontà non comuni.

Michele Marcello è nato nel 1917 e verso di lui, all'inizio, il destino è stato amarissimo: orfano di guerra, dopo pochi anni, ancora bambino, perde anche la madre.
Per qualche tempo rimane con il nonno.
Ma sono tempi difficili, durissimi quelli del primo dopoguerra.
Così, il piccolo Michele è affidato all'orfanotrofio "San Leoluca".
Ha due sorelle: una di loro viene anche lei affidata allo stesso luogo di accoglienza.
Michele è particolarmente ferrato negli studi e di buon carattere: si applica e riesce benissimo.
Mentre studia si occupa persino di sartoria. 
Emerge.
E in seguito continuerà sulla stessa china tanto da meritarsi, negli anni di "Luigi Razza" - tra gli anni '20 e '30 del secolo scorso - una gita nell'appena fondata Littoria (oggi Latina) nel Lazio, premio rivolto agli studenti vibonesi che si erano distinti per meriti scolastici.


In quell'occasione costruì un cofanetto in legno che venne recapitato in omaggio a Rachele Mussolini, la moglie del "Duce".
Certo, modelli retorici di quel lontano periodo. 
Ma quello che conta è il suo essere stato protagonista di vicende da libro "Cuore", il celebre romanzo di Edmondo De Amicis nel quale la cultura dell'orgoglio nazionale e dei sentimenti cristallini dei personaggi, superano ogni possibile polemica di stampo politico.
Vi si trovano frasi come questa, che ben descrivono l'amore verso la patria unita, un sentimento che ha attraversato molte generazioni e molte epoche della storia del nostro Paese:
«Ricordatevi bene di quello che vi dico. Perché questo fatto potesse accadere, che un ragazzo calabrese fosse come in casa sua a Torino e che un ragazzo di Torino fosse come a casa propria a Reggio di Calabria, il nostro paese lottò per cinquant'anni e trentamila italiani morirono. Voi dovete rispettarvi, amarvi tutti fra voi; ma chi di voi offendesse questo compagno perché non è nato nella nostra provincia, si renderebbe indegno di alzare mai più gli occhi da terra quando passa una bandiera tricolore.»
D'altra parte, quella di Michele Marcello è stata davvero una vita costruita sui meriti personali e non su altre fortune.
Durante le scuole superiori compiva a piedi il lungo percorso da Maierato a Vibo Valentia: diligente e ben voluto dai professori, nei giorni di pioggia aveva il permesso di asciugarsi prima di entrare in classe: già allora gli si riconoscevano saldezza di principi e determinazione ferrea.
Precoce nel percorso di studi, iniziò appena ventenne la libera professione di geometra iniziando a farsi stimare per l'accuratezza dei suoi calcoli e disegni: a quell'epoca si faceva tutto "a mano", ripassando la china sui tratti a matita. 
Oggi, con l'informatica, sarebbe inconcepibile anche solo immaginare le lunghe giornate passate al tavolo da lavoro o nelle campagne e sulle strade a fare macchinosi rilievi.


Dopo il 1938 venne istituito l'INAPLI - Istituto nazionale per l'addestramento e il perfezionamento dei lavoratori dell'industria - un ente di eccellenza dal quale cominciarono a uscire con solide competenze le nuove maestranze per l'industria nazionale.
Altamente qualificato, Michele Marcello cominciò a insegnare in una delle diramazioni locali volute dal Ministero del Lavoro, a Vibo Valentia.


Scala rapidamente il cursus honorum all'interno dell'ente passando da docente a direttore, vincendo persino il concorso che lo avrebbe condotto in un ruolo apicale a Roma.
Ma Michele Marcello non è mai stato un ambizioso.
Ha sempre vissuto del proprio lavoro, coltivando amicizie e rapporti umani, radicato nella sua Maierato che mai avrebbe abbandonato.
Così, sorprendentemente, rifiutò l'alto incarico e rimase come direttore reggente a Vibo Valentia, fino a quando, con la nascita delle regioni nel 1970, l'ente venne soppresso facendone transitare le competenze alle odierne attività di formazione professionale.


Nel frattempo, arrivarono gli anni di guerra: Michele Marcello è militare a Castrovillari (dove peraltro conobbe il vibonese Giacinto Froggio, eletto, nel dopoguerra, deputato all'Assemblea Costituente nel collegio di Catanzaro per la Democrazia Cristiana) e poi è trasferito a Roma al Ministero della Guerra. 
Non venne mai mandato al fronte: una direttiva di Mussolini prescriveva per gli orfani di guerra l'impiego in mansioni tecnico-amministrative.
Una forma di rispetto per coloro che avevano perso i padri durante la "Grande Guerra".
Con il tracollo del regime e la divisione della penisola in due tronconi sulla linea "Gustav", si trovò nell'impossibilità di rientrare in Calabria e fu ospitato per un anno a Porto San Giorgio, nelle Marche, da Aldo Ramadori: fu un'amicizia d'altri tempi, un rapporto fraterno cementato dalle vicende del cruento conflitto.
In suo onore, il terzo figlio di Michele Marcello fu battezzato con il nome di Aldo.


Il resto è vita interamente vissuta nella sua Maierato: il matrimonio con Elisabetta Asturi, i figli Giuseppe, Domenico e Aldo, il figlio di prime nozze della moglie, Antonino, al quale non fece mancare nulla in affetto e considerazione.


Aldo ricorda con immensa gratitudine le estati al mare, a Pizzo: un'opportunità per i figli alla quale il padre teneva molto.
In una poesia dal titolo "Al mare" scritta dal già evocato Edmondo De Amicis, si trovano questi versi:
«Salve, o gran mar! Come un eterno aprile/al canto sempre il riso tuo m’invita.»
Forse, la sua difficile infanzia di orfano tendeva a riscattarla regalando ai figli, a tutti i figli, quella spensieratezza gioiosa che gli era tragicamente mancata.
C'è riuscito.


Un uomo mite, generoso, attento nell'alimentazione, sempre equilibrato in ogni cosa e mai sopra le righe, mai un tono fuori posto: forse in queste doti di carattere risiede il segreto della sua longevità.
Si può dire che anche questa se l'è guadagnata per meriti propri, rifuggendo da ogni rancore e costruendo la propria esistenza su valori di alto profilo etico e di grande forza morale.
La sua signorilità, il suo senso civico e la sua bonomia rimangono proverbiali.
Appartengono alla nobiltà più vera: quella del cuore.
 
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