La semplicità e il giusto vivere

Per un racconto non è necessario seguire la traccia di un'esistenza celebre e intensa: spesso, è la vita più semplice a lasciare un segno indelebile, profondo, carico di silenziosa dignità. Sono le storie di persone che hanno saputo accogliere con un sentimento gioioso la fatica quotidiana in nome dell'amore per i figli, per la famiglia: come nel caso di Giuseppina Suppa, vedova Serrao, una donna di Maierato, rinomato paese in provincia di Vibo Valentia. È scomparsa all'età di 91 anni - le esequie sono state curate dall'impresa onoranze funebri Filippo Polistena - vissuti sempre con il sorriso donatole dalla forza di carattere, giorno per giorno, senza tentennamenti.

La sua è davvero una vicenda esemplare: ancora bambina quando arrivò la Seconda Guerra, in quegli anni difficili maturò rapidamente, apprendendo l'importanza del sacrificio e della responsabilità come fattori indispensabili per essere amati e rispettati, per amare e rispettare.


Così, fin da giovane, Giuseppina Suppa fu una donna che seppe sobbarcarsi le tipiche faccende di casa - che una volta comportavano notevole impegno e ricchezza di tradizioni gastronomiche - assieme al sostegno che diede alla madre, Gesuina Pilleggi, titolare di una cantina nella quale si vendeva vino sfuso.


Giuseppina è sempre stata instancabile e anche lì mostrò di saper coniugare l'impegno con la passione per il lavoro, per il lavoro fatto bene.


La sua è rimasta per tutta la vita l'espressione della migliore cultura contadina che solo nei nostri luoghi, nel meridione, in Calabria, si è conservata grazie a persone come Giuseppina Suppa.
Mi sovviene una frase di Cesare Pavese che traggo da "La luna e i falò", un testo che questo profondo scrittore italiano pubblicò nel 1950, l'ultimo romanzo, come un grande epitaffio nel quale il riconoscimento delle origini è atto di estremo, struggente lirismo:
«Un paese ci vuole, [...] Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.»
Credo che Giuseppina fosse consapevole di questo, consapevole delle sue radici, consapevole del suo ruolo nel mondo.
Anche se, in apparenza, il suo mondo possa essere considerato piccolo e marginale, per lei era invece motivo di orgoglio nella quotidiana certezza di essere protagonista del "giusto vivere".


Questa coscienza ha fatto di lei un vero pilastro per la famiglia, per la "casa", per la cantina che divenne negli anni una vera e stimata istituzione nella piccola Maierato: bottega di vecchio stile, accogliente, dove si poteva passare il tempo coltivando il valore indispensabile dell'amicizia, chiacchierando e giocando a carte, sorseggiando un bicchiere di vino genuino, una birra gelata d'estate oppure una gazzosa, bevanda di una volta che ormai non si trova più.
Una maniera salutare di vivere, all'insegna della semplicità che accompagna i buoni sentimenti: la semplicità è una dote, la dote di chi ama la verità delle cose, di chi legge il bene e il male per quello che sono, che sa dunque distinguerli e sa soprattutto scegliere da quale parte stare.


La semplicità, in questa visione saggia, diventa un valore, una prospettiva con la quale si guarda alla vita con animo rischiarato da solide certezze.


La stessa memoria è fatta di pensieri semplici, limpidi, come la tradizione: la civiltà contadina si basa su questo modello di conoscenze, antiche e robuste.
Ma si tratta di conoscenze che hanno la voce dei nostri cari: i nonni che insegnavano con i gesti e poche, chiare parole; i genitori con il loro esempio; i fratelli e le sorelle con i quali si cresce condividendo affetti, esperienze e ricordi.
Poi, da sposati, il ciclo riprende, come un destino che ci sceglie: si tratta di saperlo riconoscere e di trovare in questo le ragioni più profonde del vivere.


Chi sappia farlo possiede un grande coraggio: è facile essere felici nel benessere, enormemente più difficile è esserlo quando l'esistenza è fatta di fatica e soprattutto quando si è coscienti che questa condizione non muterà mai.


Così, in un lungo atto di coraggio accompagnato dalla genuina gioia di vivere, il ciclo di Giuseppina Suppa si è compiuto.


L'infanzia, la giovinezza, il matrimonio felice con Domenico Serrao, anche lui uomo di sentimenti semplici e gran lavoratore, poi i figli e infine i nipoti ai quali ha saputo lasciare la tenerezza dei ricordi e la stessa volontà ferrea di non farsi mai piegare dalle difficoltà.


Una lezione di vita.
Semplice.
E preziosa.
Come il suono e i colori e i sapori genuini della campagna, rimasti come un riflesso nei suoi occhi vividi.

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