La traccia silenziosa

La sapienza in "cucina" non è solo passione per un'arte antica, tramandata nel gesto e nelle parole affidate alla memoria: è considerazione per il prossimo, amore di madre e di moglie, fatica compiuta con il sorriso e sempre di buon animo. 

Così mi è parso di cogliere, nel ricordo di chi l'ha conosciuta, il valore della Signora Silvana Di Renzo in Bagnato, scomparsa recentemente e le cui esequie sono state curate dall'impresa Onoranze Funebri "Filippo Polistena".
Conosciuta per essere una lavoratrice infaticabile, titolare per lunghi anni, assieme al marito Nazzareno, di un ristorante-pizzeria tra i più apprezzati a Vibo Valentia, un'attività che non a caso portava il suo nome come segno di accoglienza e di ospitalità, ha attraversato l'esistenza lungo una traccia silenziosa fatta di lavoro e di sacrifici ma senza lamentarsene: il piacere di fare e soprattutto la dedizione al marito e alla famiglia, lei che proveniva da un nucleo familiare di ben otto figli.
Con il marito Nazzareno Bagnato, conosciuto e sposato da giovanissima, ha vissuto l'emigrazione in nord Italia, in Lombardia e poi in Liguria.
Fino al ritorno a Vibo Valentia, la città nella quale il papà di Silvana era una figura "storica", tra i primi gelatai negli anni '50, con il carretto all'antica che solo in pochi oggi possono rammentare. 


Evidentemente, nel sangue è rimasta la passione per l'attività indipendente, per i mestieri tipici che fanno da corollario alla vita della città.
Così, il passo per la fondazione del ristorante pizzeria "Silvana", non è stato difficile, per quanto intraprendere sia sempre una faccenda impegnativa: in particolare, la gastronomia.
Lei in cucina e il marito ai tavoli. 
Ma le qualità c'erano tutte.


Fino a spingere l'iniziativa verso l'unanime apprezzamento: i suoi "fileja", una pasta tipica del vibonese, sono rimasti nella memoria dei profumi e dei sapori della città.
Poi un'avvenimento molto doloroso: la scomparsa prematura, in una triste fatalità nella quale venne travolto, del figlio Daniele, che avrebbe dovuto ereditare e proseguire nell'attività dei genitori.
Dopo oltre un decennio da quel drammatico avvenimento, solo un paio d'anni fa il Tribunale ha condannato l'autista che lo investì.


Nel frattempo, si è consumata la svolta, tragica, inevitabile: proseguire con il ristorante, restare al passo con l'umore allegro dei clienti e continuare a cucinare con la passione di sempre non sarebbe più stato possibile.
Così, Silvana s'è ritirata e fatalmente s'è chiusa in se stessa. 
Fino a quando il destino non ha scelto per lei.
Sovvengono i versi di Giuseppe Ungaretti, tratti da "Giorno per giorno" - dalla raccolta "Il dolore" (1937 - 1946) nella quale il poeta racconta la scomparsa prematura del figlio:    

[...] Come si può ch’io regga a tanta notte?…
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato…
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più... [...]

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